Previdenza complementare: regola numero uno, non rinviare

previdenza integrativaLa recente iniziativa dell’INPS del progetto “La mia pensione”, la cosiddetta “Busta Arancione” all’italiana che consente di conoscere una stima della pensione pubblica attesa, fornisce al cittadino uno strumento di conoscenza e di pianificazione previdenziale.

Come, tuttavia, abbiamo già avuto modo di ribadire, il limite di questa lodevole iniziativa sta nel non fornire all’utente un’informazione molto importante circa le prestazioni maturate “ad oggi” ovvero la pensione di invalidità, inabilità e ai superstiti, informazione certamente prioritaria rispetto alle prestazioni future (pensione di vecchiaia e/o anticipata).

Tornando alla Busta arancione e alla stima delle future prestazioni, il cittadino ha sicuramente avvertito soprattutto negli ultimi anni lo “shock pensionistico“, è cioè consapevole, alla luce delle frequenti e varie riforme che si sono succedute, che la copertura offerta dalla previdenza pubblica è in fase di progressiva diminuzione, ma nonostante questo ha sino ad oggi stentato ad aderire ad una forma di previdenza complementare. Eppure con l’entrata in vigore nel 1996 del sistema di calcolo contributivo e la sua estensione con il meccanismo del pro – rata a tutti i lavoratori dal 2012 (Riforma Fornero), le forme di previdenza complementare sono sempre più una stampella indispensabile per sostenere in prospettiva il tenore di vita in età pensionabile.

L’importante è partire, poiché si tratta di un viaggio di lunga percorrenza e non sarà sempre lineare considerando la persistente volatilità dei mercati finanziari. Non basta allora semplicemente sottoscrivere un fondo pensione o un PIP ma assumere un metodo di comportamento, quella che si definisce cioè “pianificazione previdenziale”.

Il punto di partenza sta nell’informarsi adeguatamente sul meccanismo di funzionamento della previdenza complementare per assumere la necessaria consapevolezza sulle regole (anticipazioni, riscatti, prestazioni, requisiti) ma non va assolutamente rinviata continuamente la decisione in quell’atteggiamento cognitivo definito come “sindrome del ritardo“.
Rinviare la decisione come eterni indecisi comporta un costo opportunità che si identifica nel mancato contributo da parte del datore di lavoro (per i lavoratori dipendenti che si iscrivono ad un fondo pensione negoziale), nei mancati rendimenti finanziari, nel non usufruire dei benefici fiscali, nel non maturare anzianità di iscrizione utile per richiedere anticipazioni e per la riduzione della tassazione finale (l’imposta si riduce dal 15% dello 0,30% per ogni anno di iscrizione superiore al 15° sino ad arrivare ad un 9%).

Ma dopo aver assunto la decisione di aderire, come impostare il proprio percorso di pianificazione previdenziale? Dal punto di vista concettuale si pensi alla raffigurazione di una strada da percorrere volontariamente in cui c’è un punto di partenza (situazione personale/familiare, lavorativa, patrimoniale), una distanza ( il tempo per raggiungere l’età pensionabile), un veicolo (fondi pensione/PIP, strumenti finanziari, polizze vita), un obiettivo ( copertura del GAP pensionistico, frutto anche delle aspirazioni individuali ovvero a che età voglio/posso andare in pensione e con quale livello di copertura).

Quale strumento scegliere

Se si è lavoratori dipendenti la preferenza dovrebbe essere accordata ai fondi negoziali considerando la possibilità di ottenere un contributo da parte del datore di lavoro, mentre nel caso di lavoratori autonomi e/o liberi professionisti lo strumento è il fondo pensione aperto e/o il PIP da individuarsi valutandone la struttura finanziaria, i costi, la tipologia di rendite offerte.

Vanno poi quantificate le risorse che si possono destinare e con quale frequenza si possa contribuire alla costruzione della rendita integrativa. L’importante è rendere il risparmio previdenziale sostenibile entro il bilancio familiare, anche con riferimento all’ottimizzazione fiscale attraverso la deducibilità dei contributi versati entro il limite annuo di 5.164,57 euro. Diventa poi essenziale impostare correttamente ed efficacemente dal punto di vista finanziario il proprio portafoglio. Quale deve essere l’obiettivo finanziario di chi vuole costruirsi una pensione integrativa? Il risparmiatore non deve commettere il rischio, molto frequente, di rincorrere chimere di rendimenti mirabolanti. La finalità finanziaria sempre dovere essere piuttosto quella, in un orizzonte temporale di medio-lungo termine, di una crescita protetta e costante dei contributi versati. Non a caso la normativa consente il trasferimento, in neutralità fiscale, da uno strumento ad un altro dopo due anni di permanenza.

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