Perchè sono falsi gli allarmismi sulle pensioni

Uno dei temi  di cui si parla più spesso è sicuramente quello delle pensioni. Ma parlare non sempre significa essere correttamente informati e sulle pensioni l’informazione è quasi assente o confusa. 

La legge n. 335/1995 (riforma Dini) aveva istituito il Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale con il compito di fornire dati ufficiali sul sistema previdenziale ma quest’importante Ente è stato soppresso nel 2012. Oggi questo compito se lo è assunto il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali che annualmente, attraverso il suo rapporto, fornisce i dati aggiornati in tema di pensioni.

 

Il quinto Rapporto illustra l’andamento del rapporto spesa complessiva /PIL dal 2015 e la tendenza nel breve e medio periodo.
Il rapporto analizza inoltre il bilancio dell’INAIL, la spesa sanitaria pubblica e privata, i “tassi di sostituzione”. 
Nella parte finale vengono evidenziati gli andamenti della spesa sia per le pensioni che per l’assistenza. 

La prima sorpresa che si trova è il dato sulla spesa pensionistica che cresce ma a tassi molti ridotti. In particolare, la spesa totale per prestazioni nel 2016 ha evidenziato un aumento pari allo 0,22% sull’anno precedente; anche il 2015 sul 2014 aveva fatto segnare un aumento di circa 0,81% (+ 0,69% il 2014 sul 2013).

Questo dimostra che l’andamento della spesa non è fuori controllo e che le riforme introdotte hanno raggiunto l’obiettivo di stabilizzarla! 
Nel 2016 la spesa pensionistica, al netto delle prestazioni assistenziali non contributive, ha raggiunto i 218.504 milioni di euro mentre le entrate contributive sono state pari a 196.522 milioni di euro per un saldo negativo di 21.981 milioni. A pesare su questo disavanzo è la gestione dei dipendenti pubblici che evidenzia un passivo di ben 29,34 miliardi, parzialmente compensato dall’attivo di 2,22 miliardi del FPLD (Fondo pensione lavoratori dipendenti – il maggior fondo italiano) e dai 6,6 della gestione dei parasubordinati. I contributi, rispetto al 2015, sono invece aumentati del 2,71%; il risultato è che il saldo negativo (nel 2015 pari a 26,562 miliardi) si riduce di 4,56 miliardi.
Data l’opinione diffusa che la spesa per pensioni sia troppo alta, è utile qui calcolare la “spesa pensionistica previdenziale” cioè quella finanziata dai contributi versati. da contributi realmente versati. Il calcolo è svolto come segue. Il primo passo è ricomprendere nella spesa di 218,504 miliardi i 8,95 miliardi per i dipendenti pubblici e gli 8,83 miliardi di integrazioni al minimo per il settore privato, che vengono erogati solo in base al reddito. Se sottraiamo alla spesa totale queste due voci l’incidenza della spesa per pensioni sul Pil passa dal 13,07% al 12,00%, cioè un valore in linea con la media Eurostat.

 

Il numero di pensionati e le prestazioni

 

Anche nel 2016 prosegue la riduzione del numero dei pensionati che ammontano a 16.064.508 di unità, (circa 115 mila in meno rispetto al 2015 e 195 mila in meno sul 2014).

Il numero di pensioni in pagamento diminuisce a 22.966.016, (129 mila in meno del 2015) con una riduzione rispetto al picco del 2009 di oltre 869.000 prestazioni, Un ulteriore dato, che dovrebbe far riflettere, è il rapporto tra numero di pensioni in pagamento e numero dei pensionati: ogni pensionato riceve in media 1,43 pensioni, il numero più elevato dal 1997.

La pensione media (che si ricava dal rapporto tra costo totale delle prestazioni sul numero delle prestazioni), è pari a 12.297 euro annui, con un aumento dell’1,33% (quasi raddoppiata in vent’anni).

Ma il vero rapporto è tra il costo totale delle pensioni diviso per il numero effettivo di pensionati (16.064.508)  che porta la pensione media effettiva a 17.580 euro annui. con un incremento rispetto al 2015 dell’1,48%, ben al di sopra dei mille euro al mese.

Cresce anche il numero dei lavoratori attivi, pari a 22.757.586, un dato simile a quello del 2006 e superiore a quello del 2009. Raggiunge il massimo livello di sempre il rapporto tra occupati e pensionati, dato fondamentale per l’equilibrio di un sistema pensionistico (che funziona in base allo schema della “ripartizione”) che nel 2016 è arrivato a 1,417 attivi per pensionato.

Infine, prosegue la crescita del rapporto tra numero di prestazioni in pagamento e popolazione totale che raggiunge 2,638 cioè una prestazione ogni 2,638 abitanti, in pratica una prestazione per famiglia. Ciò indica l’elevato numero di prestazioni in pagamento, spesso meramente assistenziali, e quanto siano sensibili i cittadini all’argomento pensioni.

 

Per leggere il Quinto Rapporto clicca qui

articolo tratto dal quinto rapporto Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

 

  • MICHELE SASSI Feb 24, 2018, 8:31 pm

    L’unica verità di questo articolo è che per il momento, grazie alle tanto odiate riforme pernsionistiche susseguitesi dagli anni 90 in poi, il sistema previdenziale è sotto controllo.
    I dati ottimistici sull’importo medio degli assegni previdenziali sono invece solo il frutto di una semplicistica “media delle medie” meglio nota come “media del pollo”.
    La realtà è che risulta in crescita il numero dei neo-pensionati che resta con un assegno inferiore a € 1.000 appiattendosi progressivamente negli anni a venire verso la soglia limite dell’assegno sociale INPS.
    Uno scenario verosimile in un contesto del mercato del lavoro in cui i giovani lavoratori vivono lunghe attese in vista della prima occupazione, esperienze di contratti a temine e discontinuità lavorativa.
    Consiglio quindi a tutti di leggere i dati INPS in modo analitico e non sommario.

    • Giuseppe Guttadauro Feb 25, 2018, 12:48 am

      Siamo perfettamente d’accordo che il vero problema è creare lavoro stabile e continuo. Per quanto riguarda gli importi delle pensioni medio basse non è certo responsabilità dell’INPS o della riforma Fornero, piuttosto dei bassi redditi dichiarati durante l’attività lavorativa.

      Lo staff di infoprevidenza

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