Pensioni: il rapporto tra quanto versato e quanto percepito in base alla speranza di vita media

La prima cosa che dobbiamo fare è riuscire a scindere l’assistenza dalla previdenza: assistenza è tutto ciò che viene erogato indipendentemente da quanto versato; previdenza è invece tutto ciò che viene erogato in base a quanto versato. In quest’articolo vogliamo parlare solo di previdenza per capire quanto (o meno) siano adeguate le prestazioni rispetto ai contributi versati durante la vita lavorativa.

 

Prima di entrare nel merito è bene ricordare due aspetti che entrano a pieno titolo in argomento:

 

Nel corso degli ultimi anni la speranza di vita è progressivamente aumentata. Una tendenza che proseguirà anche in futuro. Purtroppo l’effetto non è positivo per il sistema previdenziale pubblico che dovrà erogare prestazioni per un periodo di tempo più lungo. Questo è il motivo per cui la riforma Fornero ha stabilito il progressivo innalzamento dei requisiti per il diritto alla pensione: bilanciare gli effetti dell’allungamento della vita media.

L’introduzione del sistema di calcolo contributivo (già in essere in pro rata con la riforma Dini del 1995) ha risposto a un bisogno di equità tra contributi versati e prestazioni erogate, in gran parte negato dal più iniquo sistema retributivo.

 

Vediamo ora di comprendere il rapporto tra contributi versati nel corso della vita lavorativa e prestazioni erogate sulla base delle aspettative di vita media.

La tabella indica la speranza di vita in Italia ,distinta tra uomini e donne, nel 2016 a confronto con altri Paesi.

 

 

Proviamo adesso a stimare l’importo della pensione maturata da un lavoratore dipendente e un commerciante dopo 43 anni di lavoro, che abbiano iniziato l’attività nel 1997,(con un sistema di calcolo quindi esclusivamente contributivo), che abbiano dichiarato un reddito lordo medio annuo reale di € 30.000,00 e che l’età in pensione sia di 63 anni.

Il lavoratore dipendente maturerà un importo di pensione annua lorda pari a circa 21.000,00 euro, mentre il commerciante di circa 15.500,00 euro. La differenza è dovuta  al diverso montante contributivo accumulato in base alla differente aliquota contributiva prevista. Il lavoratore dipendente ha versato circa 430.000,00 euro di contributi e il commerciante circa 280.000,00.

Ma quanto riceveranno di pensione sino alla vita media stimata? E’ molto semplice, è sufficiente moltiplicare l’importo della pensione annua per il numero di anni di vita residua: il lavoratore dipendente riceverà circa 460.000,00 euro (21.000 x 21,8 anni), mentre il commerciante circa 330.000,00 euro  (15.500 x 21,8 anni).

Conclusione? Se vogliamo fare un analisi comparativa puramente finanziaria la conclusione è molto semplice: se si ha la fortuna di sopravvivere sino alla speranza di vita media l’INPS restituirà tutti i contributi versati (e qualcosa in più) sotto forma di pensione; se si ha la sfortuna di morire prima parte di quanto versato verrà restituito sotto forma di pensione ai superstiti o resterà nelle casse dell’INPS; se infine si avrà molta fortuna e si vivrà oltre la speranza di vita media allora avremo fatto “bingo”.

 

Se vogliamo invece fare un’analisi sull’adeguatezza del sistema per garantire una sostenibilità finanziaria e, di conseguenza, una pensione ai nostri figli e nipoti, allora non ci sono dubbi: il sistema è equo e inattaccabile, dentro e fuori qualsiasi  strumentalizzazione o campagna elettorale.

 

 

 

 

 

 

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