Pensioni: dal 2016 tutto come previsto, solo qualche chiacchiera in più

riforma delle pensioniLa riforma attuata alla fine del 2011, conosciuta meglio meglio come riforma Fornero – Monti, a prezzo di lacrime (il ministro Fornero) e sangue (i futuri pensionati) ha rimesso i conti in ordine (come richiesto dalla UE) ridando un minimo di credibilità al nostro Paese sommerso da un debito pubblico tra i più elevati del pianeta. Ma questa riforma passerà alla storia non solo per le lacrime versate e il sangue pagato ma anche, e soprattutto, per essere stata la “madre di tutte le riforme”, la “riforma delle riforme” per alcune novità introdotte per la prima volta nel nostro sistema previdenziale. Se le riforme servono per allungare l’età pensionabile e ridurre l’assegno, questa riforma ha  trovato il sistema per realizzare entrambi gli obiettivi a tempo indeterminato, senza necessità di ulteriori interventi. Infatti, l’indicizzazione periodica dell’età anagrafica e dell’importo della pensione alla cosiddetta”speranza di vita” consente di non dover più ricorrere ad altre ulteriori riforme, con buona pace di tutti.

Cosa accadrà allora nel 2016? Nulla di più di quanto già la riforma Fornero avesse in calendario.

Il momento della pensione di vecchiaia si allontana, in modo particolare per le donne che vedranno allontanarsi il momento della quiescenza di quasi 2 anni (22 mesi per l’esattezza). L’aumento dell’età pensionabile per le lavoratrici era iniziato nel 1992 con la riforma Amato che portato il requisito anagrafico (gradualmente) dai 55 ai 60 anni. Dal 1° gennaio 2102 è cambiato tutto e l’età pensionabile per le donne è salita di colpo a 62 anni, a cui si sono aggiunti ulteriori 3 mesi (adeguamento alla speranza di vita) nel 2013. Nel biennio 2014 – 2015 l’età si ulteriormente innalzata a 63 anni e 9 mesi, questo per le lavoratrici dipendenti del settore privato. Per le lavoratrici autonome (artigiane, commercianti e coltivatrici dirette) invece dal 2012 il requisito anagrafico è passato da 60 a 63 anni e 6 mesi (un aumento di 3 anni e mezzo). Nel biennio 2014 – 2015 il requisito è passato a 64 anni e 9 mesi. Dal prossimo anno (2016), infine, l’età pensionabile salirà di 4 mesi per tutti, uomini e donne. Come accennato si tratta di un aumento di 22 mesi: 18 previsti dalla riforma Fornero, più 4 dell’adeguamento alla speranza di vita.

Età anagrafica per la pensione di vecchiaia ante e post riforma Fornero

età vecchiaia

La pensione anticipata

La pensione di anzianità è nata negli anni ’60, anni del boom economico, quando tutto andava bene e non esistevano problemi di liquidità. E’ una prestazione che permette di anticipare l’età pensionabile prima della vecchiaia, considerata la principale responsabile del dissesto finanziario dell’INPS. Le riforme che si sono succedute dagli anni novanta sino ad oggi hanno avuto come principale obbiettivo proprio la pensione di anzianità. E così, se fino al 1995 erano sufficienti 35 anni di contribuzione (indipendentemente dall’età) per maturare la pensione, oggi ne occorrono ben 42 e, come se non bastasse, per un incorrere in una riduzione dell’assegno è necessario aver compiuto almeno 62 anni di età. Fino al 2011 erano necessari 40 anni di contribuzione o, in alternativa, al raggiungimento della cosiddetta “quota96”, con almeno 60 anni di età (quota 97 e almeno 61 anni per i lavoratori autonomi). La quota avrebbe dovuto assestarsi definitivamente a 97 dal 2013 ma con la riforma Fornero, a partire dal 2012, per maturare il diritto è necessario far valere oltre 42 anni di contribuzione (un anno in meno per le donne), ossia 42 anni e 1 mese di contribuzione per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne nel 2012; 42 anni e 5 mesi (41 e 5 mesi per le donne) nel 2013 e 42 anni e 6 mesi (41 anni e 6 mesi per le donne) nel biennio 2014 – 2015. Nel triennio 2016 – 2018, 4 mesi in più per tutti: 42 anni e 10 mesi gli uomini e 41 anni e 10 mesi le donne.

Il requisito contributivo per la pensione anticipata dopo la riforma Fornero

età anticipata

Questo per quanto riguarda le “novità conosciute“. Ma è già da qualche tempo che media, politici, esperti e guru parlano di nuovi possibili interventi, di nuove riforme, di revisioni del sistema. Appurato che la riforma Fornero non può (e non deve) essere abolita, per ovvi motivi di bilancio e di sostenibilità finanziaria, vediamo cosa bolle in pentola e quali possono essere le possibili novità.

Uscita flessibile

La proposta che più è circolata è quella dell’ex Ministro del Lavoro Cesare Damiano, riveduta e corretta dall’attuale Ministro Giuliano Poletti. In origine, la proposta prevedeva di poter lasciare il lavoro a 62 anni di età ed almeno 35 di contribuzione, con una riduzione massima di otto punti percentuali (2% per ogni anno di anticipo rispetto alla normale età richiesta). la nuova proposta elaborata dal Governo prevede che la riduzione non sia fissa, ma cresca progressivamente in funzione degli anni di anticipo. Un esempio: per chi anticipa di un anno la riduzione sarebbe del 2%, per chi anticipa di 2 anni del 5%, per chi anticipa di 3 anni dell’8% e così via. La soluzione proposta avrebbe il vantaggio di ridurre i costi e, di conseguenza, le coperture necessarie che occorrerà trovare nella prossima legge di stabilità. Sulla questione è anche intervenuto l’attuale presidente dell’INPS Tito Boeri: “un po’ di flessibilità in uscita sarebbe d’aiuto anche per l’occupazione giovanile“. Siamo tutti d’accordo che la riforma Fornero ha portato l’Italia ad essere tra i paesi europei quello con un’età pensionabile maggiore e che, quindi, la possibilità di concedere una flessibilità in uscita ai lavoratori sia più che dovuta, ma il problema è sempre lo stesso: riuscire a trovare le necessarie coperture finanziarie, oltre che ricevere il nulla osta da parte della UE.

Quota 100

Sembrerebbe essere la proposta più gradita dai futuri pensionandi. La soluzione prevede l’uscita dal mondo del lavoro con le stesse regole della “vecchia” pensione di anzianità, ma con qualche anno di ritardo. Età minima 60 anni a cui aggiungere 40 di contribuzione, con 61 anni servirebbero invece 39 anni di contribuzione (61 + 39 = 100) e così via. Una delle variabili inserite è la cosiddetta quota 41 che prevede il pensionamento con 41 anni di contribuzione indipendentemente dall’età anagrafica. Anche in questo caso l’ostacolo (insormontabile) è rappresentato dalla copertura finanziaria necessaria: si stima una spesa superiore ai 10 miliardi di euro.

Opzione uomo

E’ un’altra proposta fatta dalla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. In sostanza si tratta di estendere anche agli uomini la famosa “opzione donna”: pensionamento a 57 anni e 3 mesi di età (58 e 3 mesi per gli autonomi) con almeno 35 di contribuzione. L’importo della pensione verrebbe però calcolato interamente con il sistema contributivo, con una riduzione, quindi, in funzione delle anzianità retributive maturate.

 

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