Nuovi canali di uscita, finestre mobili, contributi utili e tutto quello che c’è da sapere sulle pensioni.
Era dai tempi della riforma Fornero che in materia di pensioni non intervenivano cambiamenti piuttosto radicali e nuove misure volte alla flessibilità. Dagli ultimi governi infatti erano uscite solo alcune nuove misure più vicine a poter essere considerate assistenziali che previdenziali. Ci riferiamo alla quota 41, all’Ape social o a quella volontaria. Tutti canali di uscita anticipata, ma come dicevamo, con uno spiccato carattere assistenziale, essendo misure rivolte a platee di soggetti particolarmente disagiati. Queste misure saranno ancora in vigore quest’anno, così come le classiche pensioni di vecchiaia o anticipate.
Dal nuovo esecutivo invece sono fuoriuscite la quota 100 e opzione donna e alcuni interventi normativi che vanno a ritoccare anche le vecchie misure. Vediamo nello specifico cosa offre il sistema previdenziale adesso con tutte le varie opzioni di uscita vigenti.
Ape sociale o volontaria
L’Ape è l’acronimo di Anticipo pensionistico e dallo scorso anno è in vigore in due forme, quella sociale e quella volontaria. La versione sociale, chiamata anche Ape agevolata perché tutta a carico dello Stato. La misura è rivolta a disoccupati senza ammortizzatori sociali da 3 mesi, invalidi con almeno il 78% di invalidità certificata e chi assiste invalidi in famiglia da almeno 6 mesi. Rientrano infine nell’Ape sociale anche i lavori gravosi, 15 categorie di attività che secondo i legislatori dovevano essere trattate diversamente dal punto di vista dell’uscita dal lavoro.
Si tratta di maestre di asilo, edili, gruisti, facchini, badanti, macchinisti o personale viaggiante dei treni, agricoli, marittimi, pescatori, camionisti, siderurgici, addetti alle pulizie, addetti ai rifiuti solidi urbani, conciatori di pelli e infermieri delle sale operatorie o sale parto. Per queste categorie di lavoratori, uscita a partire dai 63 anni di età e con 30 anni di contributi tranne che per i lavori gravosi che ne necessitano 36.
Stessa età per l’uscita con l’Ape volontaria, ma con 20 anni di contribuzione. La pensione però viene erogata dall’Inps ma finanziata da una banca sotto forma di prestito. Il lavoratore che sceglie l’Ape volontaria una volta terminato l’anticipo e quindi una volta raggiunta l’età di 67 anni valida per la pensione di vecchiaia, deve restituire i soldi alla banca, sempre tramite l’Inps con trattenute mensili sulla pensione, naturalmente con interessi e spese accessorie al finanziamento come il premio assicurativo spese per la garanzia premorienza.
Pensione anticipata e quota 41
Gli stessi soggetti a cui si applica lo scivolo per l’Ape sociale rientrano nella quota 41. Si va in pensione se disoccupati, invalidi, chi assiste invalidi in famiglia da almeno 6 mesi o lavori gravosi con 41 anni di contributi se almeno uno di essi è stato completato prima dei 19 anni, anche in maniera discontinua.
La novità è lo stop all’aumento per l’aspettativa di vita inizialmente previsto per la misura. Niente 5 mesi in più come è stato predisposto anche per le ex pensioni di anzianità, quelle che dopo l’ingresso della riforma Fornero sono chiamate pensioni anticipate. Gli uomini vanno in pensione con le anticipate con 42 anni e 10 mesi di contributi senza limiti di età. Le donne un anno prima, cioè con 41 anni e 10 mesi di età.
Rispetto al 2018 cambiano i tempi di decorrenza del primo rateo di pensione spettante. Ripristinate le finestre mobili, che spostano l’incasso della pensione di 3 mesi
Pensione di vecchiaia, quota 100 e opzione donna
L’aspettativa di vita invece ha prodotto l’aumento di 5 mesi dell’età per la pensione di vecchiaia. Dallo scorso 1° gennaio si va in pensione con 67 anni di età una volta raggiunti almeno 20 anni di contributi versati, senza distinzioni di genere.
Da poco è attiva anche la quota 100, a partire dai 62 anni di età con almeno 38 di contributi. Anche in questo caso finestre mobili di 3 mesi per i lavoratori privati e di 6 mesi per i dipendenti pubblici. Chi esce dal lavoro grazie a quota 100 non potrà cumulare redditi da lavoro fino all’età di 67 anni. In pratica è concesso di arrotondare la pensione solo con saltuari lavori autonomi occasionale fino al tetto massimo di 5.000 euro per anno.
Infine opzione donna, la pensione contributiva per le lavoratrici. Si può andar in pensione a 58 anni di età se lavoratrici dipendenti ed a 59 anni di età se autonome con 35 anni di contributi, a condizione che entrambi i requisiti siano stati completate al 31 dicembre 2018.
La pensione è calcolata interamente con il sistema contributivo. Abbiamo parlato di diverse soglie di contribuzione per accedere ad una di queste molteplici forme di pensione. Al riguardo va ricordato che da quota 100 alle pensioni anticipate, la contribuzione utile è quella a qualsiasi titolo versata, anche se bisogna sempre aver maturato almeno 35 anni di contribuzione effettiva da lavoro.