Lo “strano” caso dei PIP vecchi

previdenza complementareL’ultima relazione della COVIP  ha fatto una fotografia sulla situazione al 31 marzo 2015 della previdenza complementare, analizzando il numero di iscritti a ciascuna forma integrativa, il patrimonio in gestione e i rendimenti realizzati. Rinviamo ad altra occasione l’approfondimento sui Fondi Pensione aperti, chiusi e i PIP soffermandoci invece sui cosiddetti PIP “vecchi” ( o anche FIP). Di cosa si tratta? Sono polizze vita finalizzate all’integrazione pensionistica istitutive prima dell’entrata in vigore del decreto n. 252/2005 (1° gennaio 2007) e che a quest’ultimo non si sono adeguate, rimanendo legate al decreto n. 124 del 1993.

Nella relazione si evidenzia che si tratta di un fenomeno certamente non residuale: al 31 marzo 2015 risultavano 467.000 titolari di vecchi PIP (di cui 159.000 lavoratori dipendenti), contro i 467.255 del 31 dicembre 2014 (159.652 lavoratori dipendenti). iscritti sono pari a 467.000 (di cui 159.000 lavoratori dipendenti) contro i 467.255 (di cui 159.652 lavoratori dipendenti) con una riduzione di sole 255 unità. Vediamo di analizzare meglio se e quali differenze ci sono tra questi due PIP. 

Di fatto fanno lo stesso “mestiere, raccolgono i contributi degli aderenti e li gestiscono finanziariamente; il capitale maturato al momento del pensionamento sarà corrisposto in tutto o in parte in rendita vitalizia con le stesse proporzioni rispetto all’eventuale parte da corrispondere in capitale. La normativa fiscale è la medesima (deducibilità dal reddito imponibile dei contributi). Ma allora non ci sono differenze? Non proprio, qualche diversità c’è:

  • Il conferimento del trattamento di fine rapporto, possibilità concessa per un PIP nuovo e preclusa ad uno vecchio;
  • I conferimenti ai nuovi PIP costituiscono un patrimonio separato, mentre nei vecchi PIP, essendo di fatto delle polizze vita, i premi sono gestiti insieme con tutti gli altri incassati dalla Compagnia per le polizze non previdenziali. Ma non è una differenza così rilevante: in caso di un ipotetico crack della Compagnia il regime della separatezza del patrimonio offre una maggior tutela ma questo non significa che le riserve delle polizze vita, quindi anche quelle dei vecchi PIP, non abbiano loro forme di tutela; 
  • I nuovi PIP offrono all’aderente la possibilità di chiedere un’anticipazione, dopo almeno 8 anni di partecipazione, sino al 30% della posizione maturata, possibilità non concessa dai vecchi PIP;
  • In caso di invalidità permanente superiore a 2/3 i nuovi PIP consentono il riscatto della posizione, opzione preclusa ai vecchi PIP;
  • Trasparenza e costi a carico del cliente sono, generalmente, a favore dei nuovi PIP; i vecchi PIP hanno commissioni fuori controllo che possono arrivare anche sino a un 7% – 8% su ogni premio versato. A tal proposito la COVIP ricorda che su un periodo d’investimento di 35 anni, a parità di rendimenti della forma prescelta, l’1% in più di costo annuo corrisponde a una riduzione della prestazione finale di quasi il 20%, se la maggiorazione sale al 2,5% annuo la prestazione si riduce del 35%.

Dalle differenze analizzate sembrerebbe proprio che i nuovi PIP siano più convenienti. Eppure gli italiani risultano molto solerti a partecipare alle campagne di rottamazione delle auto, ma sono più pigri ad attivarsi per cambiare le proprie scelte in materia di previdenza complementare. Nonostante gli evidenti vantaggi dei prodotto di “nuova generazione”, a distanza di 8 anni dall’entrata in vigore del decreto 252/2005, solo il 40% dei circa 900 mila aderenti a vecchi PIP ha deciso di cambiare! Questi “dinosauri” previdenziali, nonostante non possano più essere venduti, continuano ad essere alimentati, tanto che il patrimonio in gestione è passato dai 4,8 miliardi di euro nel 2006 agli attuali 6,8.

Vista la convenienza dei nuovi prodotti (Fondi pensione compresi) e le agevolazioni previste dal legislatore per il trasferimento (restituzione del “pre conto“, ovvero quella parte di costi non ancora maturati ma già anticipati dal cliente in dame di adesione) perché solo il 40% ha fatto la scelta di cambiare? Con molta probabilità la risposta più vicina alla realtà è che non c’è stata una sufficiente informazione ai clienti da parte di chi era deputato (per etica o per legge) a farlo:

  • Le Compagnie di assicurazione che, a differenza di quanto fanno le case automobilistiche quando esce un nuovo modello, hanno tutto l’interesse a mantenere il vecchio prodotto in quanto produce maggiori guadagni;
  • Gli operatori, per la stessa motivazione di cui sopra;
  • Gli organi di vigilanza del settore e di tutela del cliente (COVIP & IVASS) che dovevano imporre agli intermediari non solo di non raccogliere più nuove adesioni ma anche l’obbligo del trasferimento “d’ufficio”.

Ancora una volta l’interesse del cliente è passato in secondo piano rispetto all’interesse economico.

 

  • Damiano Dic 14, 2017, 11:28 pm

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