Le polizze rivalutabili: dalla nascita al fondo utili

Per gestire la volatilità dei mercati devi diversificare ………….

 

Questo è uno dei consigli che più spesso si sente dire chi è alla ricerca di ridurre il rischio finanziario per i propri investimenti e non si può certo negare che si tratti di un buon consiglio.

Ma la diversificazione può essere attuata non solo con singoli titoli  (azioni, obbligazioni, ecc.) ma anche attraverso strumenti del risparmio gestito (fondi comuni di investimento fondi di fondi, ecc.) che, oltretutto, già rappresentano in se portafogli a loro volta diversificati. E allora perché non considerare anche una polizza vita di ramo primo (cosidetta rivalutabile) come un altrettanto valido strumento di diversificazione?

Si tratta di uno strumento nato alla fine degli anni settanta che ha sempre garantito remunerazioni, certo non strabilianti, ma stabili nel tempo, contribuendo al mantenimento del potere di acquisto dei nostri risparmi. Questi fattori ne hanno spinto la raccolta che non conosce crisi.

 

Lo dimostrano anche i primi dati relativi al 2019 che confermano il successo del 2018 quando le polizze di ramo primo hanno continuato a rappresentare ben oltre il 65% della raccolta vita complessiva con 55 miliardi di euro.

Secondo i dati forniti da ANIA, nel mese di gennaio questi strumenti hanno pesato per l’85% sulla nuova raccolta di Banche e imprese di assicurazione.

Nel mese di gennaio 2019 la produzione dei contratti di ramo primo è cresciuta del 19% a fronte del calo di oltre il 40% dei prodotti di ramo terzo.

Nel 2018 i rendimenti lordi sono stati interessanti, anche se in lieve calo rispetto al 2017, il rendimento medio è sceso di poco sotto il 3% attestandosi al 2,97%. Meglio si sono comportate le gestione delle Compagnie assicurative tradizionali con un rendimento medio del 3,28% contro un 2,79% delle gestioni bancassicurative.

 

Il peso dei costi

 

E’ bene ricordare che si tratta di rendimenti lordi e che solo una parte di essi viene retrocessa al cliente (attraverso la cosiddetta aliquota di retrocessione). Ci sono poi i costi che gravano sui premi (caricamenti) che possono arrivare a un 6-7% in funzione della tipologia di contratto e i costi della gestione annua, variabili tra un 1 e un 2%. Tutto ciò incide sul rendimento netto a favore dell’assicurato anche se è prevista la garanzia di restituzione dei premi (al netto dei costi) a scadenza. Questo è il motivo per cui l’orizzonte temporale di questi strumenti non può essere breve ma medio – lungo: maggiore è la durata e minore è l’incidenza dei costi medi annui.

Un altro aspetto di sicuro interesse è l’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo (0,20%) che colpisce invece tutti gli altri investimenti finanziari.

 

La novità: il fondo utili

 

Sono almeno cinque le gestioni separate nate con le nuove caratteristiche che recepiscono le novità delineate dall’IVASS nel 2017.

In particolare, queste gestioni separate hanno previsto la possibilità di costituire un “fondo utili” in cui far confluire parte dei rendimenti realizzati in un certo anno agli esercizi futuri (massimo 8 anni) per stabilizzare i rendimenti.

 

 

 

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