L’assurdità della previdenza complementare

Anche la previdenza complementare evidenzia un paradosso tutto italiano: che chi ne avrebbe più bisogno non se la può permettere. Questo perché costruirsi una pensione di scorta ha un costo e se non si può contare su un lavoro stabile non ce la si può permettere. Secondo un indagine realizzata da Banca d’Italia circa il 15% delle famiglie ha dichiarato di aderire a fondi pensione o assicurazioni vita per integrare la pensione. Tra i lavoratori dipendenti, queste forme di previdenza integrativa sono più diffuse tra i dirigenti.

 

Infatti, nel 43% dei nuclei dove il capofamiglia è un dirigente, lo stesso è iscritto a un fondo pensione o ha un’assicurazione vita. Si scende al 25% per i capofamiglia impiegati e al 14% per quelli operai. Non a caso la maggiore concentrazione di adesioni si trova nelle famiglie più ricche, con il 26% di aderenti nella famiglie con un reddito annuo superiore a 43.000 euro mentre la concentrazione minore si riscontra nei nuclei più poveri, quelli con un reddito annuo sotto i 15.000 euro, con appena il 3,4%.

 

Il problema non è assolutamente trascurabile e forse necessiterebbe di maggiori attenzioni da parte delle istituzioni. In futuro gli importi delle pensioni saranno determinati in esclusivo regime contributivo, questo significa che più contributi si saranno versati e maggiore sarà l’importo dell’assegno. E allora quali saranno le fasce più penalizzate? Ancora una volta quelle a redditi più bassi.

 

E quale leva si utilizza principalmente per incentivare lo sviluppo della previdenza complementare? La fiscalità, e c’è chi addirittura pensa di aumentare l’importo deducibile (oggi fissato in 5.164,57 euro annui)

Forse c’è qualcosa che non va! Se dedurre significa ottenere un beneficio fiscale pari all’importo dedotto per l’aliquota marginale di riferimento, e se la logica è ancora valida, chi ne beneficia maggiormente sono le fasce di reddito più alte, quelle con aliquote marginali elevate. Ma chi sono i più bisognosi di costruirsi una pensione di scorta? Sempre se la logica è ancora valida, chi produce redditi medio bassi coloro quindi coloro che ne avrebbero un beneficio fiscale minore.

 

E allora? E allora è necessario, prima di tutto, capire cosa significa realmente “previdenza integrativa”: uno strumento per pagare meno tasse o per garantirsi un tenore di vita adeguato in età pensionabile?

Nel primo caso l’attuale normativa fiscale è perfetta, costruita ad hoc, nel secondo caso, forse, qualche ritocco andrebbe apportato cercando altre soluzioni per lo sviluppo della previdenza complementare.

 

Dato per scontata un’adeguata e seria informazione,  proviamo a suggerirne una (ma altre se ne possono trovare altre) che avrà come sicuro effetto l’elevarsi di indignazioni dei più:  cosa accadrebbe se venisse abolita la possibilità di portare in deduzione i contributi versati? Il fisco vedrebbe aumentare le entrate per erario di qualche miliardo di euro in più ogni anno. Bene, queste maggiori entrate potrebbero essere utilizzate come forma di incentivazione dello Stato a favore dei giovani lavoratori precoci o di coloro con redditi medio bassi in caso di adesione a forme di previdenza complementare.

 

Un esempio? Giovanni è un lavoratore precoce con 6.000,00 euro di reddito lordo, se aderisse a una forma di previdenza complementare versando 500,00 euro l’anno, lo Stato nei primi cinque anni verserebbe a suo favore la stessa cifra, senza dover ricorrere a coperture finanziarie ma utilizzando le maggiori entrate fiscali derivanti dall’abolizione della deduzione.

 

Questo impedirebbe di utilizzare uno strumento di integrazione pensionistica come “investimento interessante” da parte di chi non ne ha bisogno.

 

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