Nel 2021 Quota 100 terminerà la sua fase di sperimentazione e non ci sarà più. Una misura insostenibile che pesa come un macigno sui conti pubblici, se ne è accorto anche il Governo che ora punta all’introduzione di Quota 102, una sorta di quota 100 ma con 64 anni di età (e 38 di anzianità contributiva). Si dimostra, ancora una volta, di non aver colto il vero problema delle pensioni.
Si pensa sempre e solo ad accontentare le fasce più anziane della popolazione, per ragioni prevalentemente elettorali. Non si pensa alla necessità di costituire un sistema pensionistico sostenibile nel lungo termine che risponda alle esigenze delle generazioni future.
Il sistema a ripartizione la flessibilità in uscita
Il sistema a ripartizione, si dice, utilizza le risorse di chi lavora (contributi) per pagare le pensioni di chi non lavora più (pensionati). Ma non è sempre così perchè spesso vengono utilizzate per altri scopi come la cassa integrazione e le varie forme di assistenza.
Il vecchio sistema a ripartizione funziona se l’occupazione è piena, la produttività alta, e la crescita rapida e solida. Non è il caso dell’Italia e delle principali economie.
Meglio capitalizzare i contributi dei lavoratori che dovrebbero essere invece accantonati e investiti immediatamente nel mercato dei capitali o in forme simili, per essere poi riconsegnati ai medesimi contribuenti quando si ritireranno in pensione.
Il sistema sarebbe più solido e stabile, ciascuno lavorerebbe nell’ottica di risparmiare e investire per il proprio futuro, non per quello degli altri.
Ma ci sono due grossi ostacoli: il primo rappresentato dalla mancanza di risorse (con quali soldi si pagherebbero le pensioni ai pensionati?) e il secondo dalla mancanza di volontà dai politici che perderebbero in questo modo il loro potere.
Per quanto riguarda la flessibilità in uscita dovrebbe essere un diritto per tutti i lavoratori e non solo per alcuni come invece accade per quota 100 e 102.
Nel 1995 l’allora Ministro Dini, oltre al sistema di calcolo contributivo, introdusse la possibilità di scegliere liberamente l’età pensionabile, dal 57° al 65° anno di età, con assegni che via via aumentavano con l’età scelta.
Se questo meccanismo di uscita dal lavoro fosse ancora in vigore a nulla sarebbero servite quota 100 e 102.
Bisognerebbe chiedere all’allora Ministro Maroni il perchè, nel 2004, fu abolito!
La verità è che non si vuole affrontare il problema e si continua inseguendo parole vuote come equità, giustizia, ecc. inventandosi “pozione magiche” come la quota 100, in questo modo il vero problema resta irrisolto, In questo modo si accumulano debiti e prima o poi la baracca crolla.