Si tende, in generale, a pensare che la pensione dei militari sia “agevolata” rispetto ad altre categorie di lavoratori. In effetti il decreto legislativo n. 165/1997 riconosce una serie di agevolazioni che si estendono anche alla modalità di calcolo della pensione. Ma si tratta di benefici che risalgono al passato e che sono stati ridimensionato con il passaggio al sistema di calcolo contributivo introdotto, per tutti, dalla riforma Fornero a partire dal 1° gennaio 2012. Solo i lavoratori più “anziani” ne traggono ancora vantaggi, ossia quelli più vicini al momento del pensionamento.
La pensione dei militari è, in linea di massima, composta da tre quote:
- quota A, determinata con il sistema retributivo sino al 31 dicembre 1992;
- quota B, sempre determinata con il sistema retributivo sino al 31 dicembre 1995 (oppure sino al 31 dicembre 2011 se c’erano almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995);
- quota C, calcolata con il sistema contributivo a partite dal 1° gennaio 1996 (o dal 1° gennaio 2012 se c’erano almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995).
L’importo della pensione
Per determinare l’importo, i lavoratori del comparto sicurezza fruiscono di un sistema di calcolo privilegiato ma solo sulla/e quota/e retributiva/e, mediante un’aliquota di rendimento (per ciascun anno di anzianità contributiva maturata sino al 31 dicembre 1997) maggiorata rispetto a quella utilizzata per altri lavoratori che è al massimo pari al 2%. Sino al 1997, infatti, per il calcolo delle quote di tutto il personale con grado di ufficiale e di dirigente per il comparto sicurezza e soccorso pubblico si applicano aliquote di rendimento diverse e più vantaggiose. Le aliquote utilizzate sono infatti, di regola, del 2,33% per i primi 15 anni di servizio; dell’1,86% dal 16° e sino al 20° anno; del 2,25% dal 21° anno sino al 31 dicembre 1997. (3,60% per Polizia, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, carabinieri, Vigili del Fuoco e Corpo Forestale). Dal 1° gennaio 1998 in poi l’aliquota è pari al 2% per ogni anno di anzianità e il tetto massimo (di rendimento) resta fissato all’80% della base pensionabile, così come per tutti i lavoratori.
Il massimo privilegio si manifesta nella quota di pensione relativa alle anzianità maturate fino al 31 dicembre 1992 con la base pensionabile che, non solo coincide con la retribuzione percepita con l’ultimo cedolino, ma è anche maggiorata del 18% (per gli altri lavoratori dipendenti la base pensionabile è la media degli ultimi cinque anni di stipendi e senza alcuna maggiorazione) e senza che vi sia il “tetto contributivo“ dei 40 anni massimo.
Tutto ciò si traduce, in sostanza, nella possibilità di ricevere un importo di pensione elevato con una contribuzione versata sostanzialmente più bassa rispetto alla totalità dei lavoratori dipendenti.
Questi benefici avranno però nel tempo effetti sempre meno sensibili sull’importo della pensione per via del graduale passaggio al sistema di calcolo contributivo. Sono quindi i lavoratori più vicini al pensionamento a trarne il maggior beneficio, quelli che hanno la fortuna di avere una porzione più ampia dell’assegno calcolato con il sistema retributivo.
I giovani, cioè coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996, non potranno più godere di questi benefici e pertanto si ritroveranno con un assegno calcolato con le medesime regole (contributive) previste per tutti gli altri lavoratori dipendenti.