Il nostro ordinamento previdenziale non prevedeva in generale un limite massimo della retribuzione/reddito soggetta a contribuzione, previsto solo per i dirigenti di aziende industriali iscritti all’INPDAI, gestione soppressa con effetto 1° gennaio 2003.
L’articolo 2, comma 18, della legge n. 335/1995, meglio conosciuta come riforma Dini, ha previsto che per tutti i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 o che esercitano l’opzione per il sistema di calcolo contributivo è stabilito un massimale contributivo pari a 132 milioni di vecchie lire. Questa misura massima è rivalutata annualmente sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, così come determinato dall’ISTAT.
Per l’anno 2018 il massimale è stabilito in € 101.427,00.
Il massimale contributivo è, pertanto, applicabile in due ipotesi:
- nei confronti dei lavoratori che hanno iniziato l’attività dopo il 1° gennaio 1996
- nei confronti di coloro che risultavano già iscritti a tale data ad una gestione pensionistica a condizione di esercitare l’opzione per il sistema contributivo
Particolari problemi non sussistono nei confronti dei lavoratori post 1995, ma possono insorgere ove il lavoratore proceda a un eventuale riscatto (esempio della laurea) o all’accredito di un periodo figurativo (esempio servizio militare).
Si pensi, ad esempio, al riscatto degli anni di laurea che si posizionano ante 1996 di un lavoratore che ha iniziato a lavorare dopo il 1995.Cosa succede in questa circostanza?
L’INPS ha chiarito che tali soggetti non sono più assoggettati all’applicazione del massimale a partire dal mese successivo a quello di presentazione della relativa domanda di riscatto o accredito figurativo (Circolare Inps 42/2009; Circolare Inps 58/2016).
Il predetto massimale interessa la generalità dei lavoratori iscritti presso le forme di previdenza pubblica obbligatorie (AGO, Gestioni Speciali dei Lavori autonomi, gestione separata, Fondi esclusivi, sostitutivi ed esonerativi dell’AGO) con inclusione anche dell’INPGI (Fondo dei Giornalisti). Le Casse di previdenza dei liberi professionisti, invece, godono di una loro autonomia nell’applicazione del massimale che pertanto varia in funzione dei rispettivi regolamenti interni.
Lavoratori autonomi
Si ricorda che uno specifico massimale sussiste anche con riferimento ai lavoratori autonomi iscritti presso le gestioni speciali (commercianti, artigiani) in possesso di contribuzione antecedente al 31.12.1995. Tale massimale è per il 2018 pari a € 77.717.
Questi limiti individuali riguardano esclusivamente i soggetti iscritti alla Gestione con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1996 o che possono far valere anzianità contributiva a tale data. Viceversa, per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, il massimale annuo è sempre quello di € 101.427.
Le conseguenze del massimale
L’applicazione del massimale comporta che tutta la retribuzione percepita oltre il limite annualmente indicato non è assoggettabile a contribuzione previdenziale. E pertanto non si tradurrà in pensione. Ciò significa che oltre il tetto previsto il datore di lavoro e/o il lavoratore pagherà una quota fissa di contributi in rapporto alla retribuzione percepita e otterrà, pertanto, una pensione minore rispetto a quanto avrebbe percepito se il massimale non fosse stato applicato.