Nella speranza di incrementare il consumo delle famiglie, il Governo ha adottato diverse misure, tra le quali la possibilità di chiedere un anticipo del TFR in busta paga. Vediamo come chiederlo.
Chi può chiederlo
Secondo la legge il provvedimento doveva partire il 1° maggio 2015 ma il regolamento attuativo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo il 9 marzo. Il regolamento prevede che il TFR in busta paga può essere richiesto dal 1° aprile 2015, anche se con decorrenza dal mese precedente (marzo 2015).
Dal 1° aprile 2015 quindi il dipendente può chiedere al proprio datore di lavoro di ricevere direttamente in busta paga la quota di TFR maturando. Condizione per poterlo fare è di aver lavorato per almeno 6 mesi come dipendente presso l’azienda stessa.
Lavoratori esclusi
I lavoratori esclusi dal provvedimento sono:
1) lavoratori domestici;
2) lavoratori agricoli;
3) dipendenti da aziende sottoposte a procedure concorsuali, oppure che abbiano iscritto nel registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento;
4) dipendenti da datori di lavoro autorizzati alla Cig straordinaria o in deroga (per quelli in forza all’unità produttiva interessata).
La durata
La richiesta di anticipo del TFR in busta paga potrà essere fatta sino al mese di giugno 2018.
La richiesta
La domanda non sarà reversibile, questo significa che chi chiede l’anticipo del TFR in busta paga non potrà revocare la domanda sino alla fine del mese di giugno 2018.
Per richiedere il Tfr in busta paga bisogna far domanda al proprio datore di lavoro attraverso l’apposito modello. L’eventuale iscrizione alla previdenza integrativa non preclude l’accesso. In questo caso, precisa il decreto, durante il periodo è sospesa l’eventuale corresponsione del Tfr al fondo complementare, che però continuerà a ricevere gli eventuali contributi aggiuntivi in carico ai lavoratori e all’azienda.
Vantaggi e svantaggi
Ricevere una quota del TFR in busta paga ha il vantaggio di aumentare la liquidità disponibile, che potrà essere utilizzata dal lavoratore come meglio crede.
Ci sono però anche degli aspetti negativi da valutare attentamente:
- La tassazione è maggiore di quella che sarebbe applicata in caso di liquidazione del TFR a fine carriera e di quella in caso di liquidazione da una forma di previdenza complementare. Nel primo caso, infatti, il TFR è soggetto a tassazione ordinaria, nel secondo caso a tassazione ordinaria e nel terzo caso a una tassazione variabile dal 15 al 9%. In base a un’analisi della Fondazione studi consulenti del lavoro, per un lavoratore con una retribuzione lorda di 28mila euro, il Tfr (pari al 6,91%) è pari a 1.934 euro. Incassandolo in busta paga si è soggetti a un’aliquota del 27%, cui corrisponde un importo netto di 1.445 euro all’anno, pari a 120 euro in più ogni mese. Per il Tfr assoggettato a tassazione separata, il prelievo fiscale è di 50 euro in meno l’anno e 166,67 euro per l’intero periodo (primo marzo 2015-30 giugno 2018).
- Sottraendo quote di TFR alla previdenza complementare si avrà una prestazione inferiore al momento della liquidazione della prestazione.
Gli effetti sull’ISEE
La busta paga resa più ricca dall’incasso del Tfr avrà effetti negativi anche sul reddito ai fini dell’Isee (l’Indicatore della situazione economica equivalente): lo strumento utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per valutare la ricchezza effettiva dei contribuenti e delle famiglie italiane, che serve per numerose prestazioni sociali, fra cui le tasse universitarie. Inoltre l’incremento del reddito avrà un effetto negativo sui minori sgravi fiscali che si potranno ottenere; secondo il centro studi della Uil, per un reddito medio di 23mila euro la perdita sarà pari a circa 280 euro l’anno. Il versamento del Tfr in busta paga non avrà invece conseguenze sulla possibilità di ricevere il bonus da 80 euro.