Come cambieranno le pensioni future?

Quella delle pensioni è una riforma perenne: ha iniziato Amato nel ’92, e poi Dini nel ‘95 per finire con la tanto discussa legge Fornero. Nel corso degli anni tutti i governi hanno provato a trovare una soluzione ma con risultati insoddisfacenti per un paziente oramai al collasso.

 

Il bilancio previsionale 2018 INPS

 

A guardare i numeri del bilancio previsionale 2018 dell’Inps, le entrate ammonteranno a 227 miliardi di contributi (di cui 56 da dipendenti pubblici e 146 da dipendenti privati) e le uscite in prestazioni saranno pari a 265 miliardi. 

 

La differenza è a carico dello Stato, i contributi versati dai lavoratori non coprono le pensioni erogate.
 
 
 
I dati non sono di semplice lettura, perché i numeri sono disaggregati, ma emerge in modo chiaro che in Italia ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B, mentre stiamo allevando quelli di serie C, i giovani. Oggi il grosso dei pensionati riceve una pensione determinata in regime retributivo: su 13 milioni e mezzo di assegni previdenziali del settore privato e di quello autonomo, 11,1 milioni sono basati sul vecchio sistema di calcolo. Se aggiungiamo, poi, chi incassa l’assegno assistenziale, si arriva a 17,88 milioni.
Gli importi mensili sotto i mille euro riguardano 12,8 milioni di persone. Poi ci sono i 3 milioni di statali. I pensionati maschi della Pubblica amministrazione (ex Inpdap) incassano un assegno medio di 2.250 euro, contro i 1.250 del settore privato.
 
 
I privilegi pensionistici dei dipendenti pubblici
 
 
La differenza tra pensioni dei dipendenti privati e pubblici ha due ragioni principali:
 
  • la maggiore stabilità del posto fisso pubblico
  • la prassi di «promuovere» a pochi mesi dalla pensione, proprio perché ciò che contava era l’ultimo stipendio.
 
 
Quest’abitudine è stata fatta soprattutto dal personale militare, mentre la Regione Sicilia mandava in pensione i suoi dipendenti con il 110% dello stipendio. Negli anni settanta e ottanta abbiamo assistito a ogni sorta di eccesso, è evidente che il sistema non poteva reggere.
La riforma che segna la svolta parte nel 1996: si incasserà in base a quanto si è versato.
 
 
Quanto si incassa con il sistema contributivo
 
 
Il sistema contributivo, sulla carta, sembra più giusto. Peccato che nel frattempo il mercato del lavoro si sia ammalato in maniera cronica: la disoccupazione giovanile altissima non permette di avere un posto stabile prima dei trent’anni, se va bene.
Prendiamo come esempio un’insegnante di scuola media: dopo 40 anni di lavoro oggi va in pensione con 1.550 euro al mese, perché usufruisce ancora del sistema retributivo. Nel 2036 lo stesso insegnante quanto incasserà? Secondo la proiezione Inps (che tiene conto della rivalutazione dello stipendio negli anni), se ha avuto la fortuna di avere un posto fisso a 27 anni, andrà in pensione con 1200 euro!
Oggi 3 milioni e mezzo di giovani dai 35 anni in giù hanno un lavoro a tempo determinato, atipico, precario. Dovranno farsi una pensione integrativa se non vogliono rischiare l’indigenza, ma possono affrontarla con uno stipendio che spesso non supera i 900 euro al mese? Qualcuno ci sta pensando?
 
 
 
 

 

 

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