Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale i nuovi coefficienti di trasformazione dei montanti contributivi per le pensioni con decorrenza 1° gennaio 2019.
Dal prossimo anno diminuiranno i coefficienti di trasformazione dei montanti contributivi, è stato infatti pubblicato ieri in Gazzetta il Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 15 maggio 2018 che rivede in senso più sfavorevole i coefficienti che determinano la quota contributiva della pensione per il biennio 2019-2020.
La revisione dei coefficienti, legati all’età alla quale si va in pensione, è stata prevista a fronte dell’allungamento della vita media dalla Riforma Sacconi del 2010 e anticipata nel suo effetto dalla Legge Fornero del 2011.
Si tratta della quarta revisione da quando è entrata in vigore la legge Dini nel 1995 che hanno determinato una diminuzione media dell’assegno di circa 10 punti percentuali.
Se prendiamo ad esempio un 65enne con un montante contributivo di 100.000,00 euro la sua pensione annua lorda, nel 2009, sarebbe stata pari a € 6.136,00 (coefficiente 6,136%), mentre nel 2019 l’importo scenderebbe a € 5.245,00 (coefficiente 5,245%) con una differenza di ben 891,00 euro.
La colpa, si dice, è l’allungamento della speranza di vita che permette di ricevere la pensione per più tempo e, di conseguenza, a parità di età di uscita dal lavoro l’importo sarà più basso.
Se siamo d’accordo sulle conseguenze dell’allungamento della speranza di vita e sul dovere di tenere in equilibrio i conti del sistema, un po’ meno lo siamo sul fatto che alla riduzione dei coefficienti di trasformazione coincida l’allungamento dell’età pensionabile perché, sempre dal 2019, ci vorranno 5 mesi in più per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia: da 66 anni e 7 mesi a 67 anni.
Abbiamo sempre sostenuto che la riforma Fornero è stato un atto dovuto in un momento in cui il Paese si trovava sull’orlo di un precipizio ma pensiamo anche che ogni riforma è suscettibile di correzioni e aggiustamenti, soprattutto se varata in tempi stretti.
Non è equo tenere sotto controllo la spesa previdenziale utilizzando contemporaneamente due leve: da un lato diminuire gli importi degli assegni con la riduzione dei coefficienti di trasformazione e dall’altro allontanare l’età pensionabile con l’adeguamento alla speranza di vita. Non è equo ed è un qualcosa che deve essere rivisto: o si agisce sulla diminuzione dell’importo della pensione e si lascia inalterata l’età pensionabile oppure si lascia invariato l’importo e si allunga l’età pensionabile.
Una revisione che doveva rigorosamente essere prevista nei programmi elettorali dei partiti invece che lo slogan “aboliamo la legge Fornero”. Ma forse questo giusto intervento non avrebbe avuto lo stesso effetto sugli elettori.
